Viviamo in un momento di profonda crisi del Paese, economica e di motivazione, in parte dovuta alla nostra incapacità di cogliere le trasformazioni sociali ed economiche di un mondo globalizzato ed al tempo stesso fortemente interconnesso, dove la formazione del valore non segue più i canali classici novecenteschi e rispetto al quale lo stesso sistema economico ed industriale del Paese risulta arretrato, inadeguato ed in dismissione. Politiche scellerate (si veda la figura, di fonte CUN) hanno fatto si che dal 2005 gli investimenti nel sistema universitario nazionale compensassero appena l’inflazione per poi degenerare nel 2008 in un progressivo taglio alle risorse che ci sta riportando indietro di oltre 20 anni, tagli a cui mi opposi pubblicamente e con forza insieme a molti colleghi principalmente ma non solo della Facoltà di Scienze.
La divisione tra gli atenei ed il sistematico attacco all’università pubblica attuato dai principali mass-media, finalizzato ad una sua definitiva delegittimazione, hanno reso l’università nel suo insieme un interlocutore debole e poco credibile. A questa situazione si deve rispondere mettendo al centro l’investimento nella cultura, nel sapere e nella scienza, il cui sviluppo e trasmissione sono la principale missione del sistema universitario. La qualità di un paese si misura dalla qualità del suo sistema universitario. L’università non è una azienda, è molto di più: è una infrastruttura materiale ed immateriale fondamentale per la crescita di un paese e della società. L’università, per sua natura, deve anticipare i processi e le dinamiche sociali ed economiche, fornendo soluzioni e preparando per mestieri e tecnologie che ancora non esistono! Dobbiamo immaginare il futuro e preparare i nostri studenti a saperlo affrontare con tutti gli strumenti che il progresso scientifico, culturale e tecnologico ci fornisce, in un nuovo umanesimo fatto di trasversalità e specializzazione. Questo è tanto più evidente ora, in un momento di crisi e di ricambio profondo del modello industriale e socio-economico del Paese. Non è l’industria esistente che potrà farci uscire da sola dalla crisi ma l’industria che i nostri studenti ed i nostri giovani ricercatori sapranno immaginare, creare e popolare. Si tratta di una impostazione del tutto trasversale alle discipline delle scienze dure, delle scienze della vita e delle scienze umane e sociali, fondamentale per affrontare le sfide che un mondo in continua evoluzione pone.